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Paolo Fabbri,

La zanzara non è uno stimolo, ma un segno

 

1.

Il breve saggio sul “Totemismo oggi (1962)”, che prelude al 2 cap. del “Pensiero selvaggio” sulla logica delle classificazioni totemiche, avrebbe dovuto intitolarsi: ”L’illusione totemica” (cap, 1).

Con lo scopo deliberato di togliere ogni specificità all’antropologia religiosa, Lévi-Strauss si dedica, infatti, alla meticolosa decostruzione dello pseudo-concetto di totemismo. Si dà le regole di metodo per iscriverlo in un vasto campo semantico, che articola sulla doppia isotopia (i) individuale del rapporto uomo /natura e (ii) collettiva di relazione metaforica tra gruppi sociali e sistemi simbolici. Il totemismo sarebbe una “distorsione” semantica in un sistema di “differenze che si somigliano”.

Davanti alle solide critiche recenti (Descola), vale la pena tuttavia di mantenere il metodo di decostruzione teorica con cui Lévi-Strauss riconfigura il campo della ricerca empirica sul “totemismo”(da Lévy-Bruhl a Durkheim, da Malinowski a Radcliffe-Brown) e ne rintraccia gli antecedenti filosofici (Bergson e Rousseau). Con un atteggiamento marcatamente cognitivo – in particolare nella relazione mente/emozione- che prelude ad una critica della ragione simbolica.

Poiché la storia intellettuale non accade invano, Lévi-Strauss scorge, sulla via senza uscita del totemismo, i segnali di una nuova strada.

Il risultato è liberare il campo dall’esotismo e aprire all’eterotopia comparativa (Foucault). Quel che più conta però è l’originale percorso di scoperta epistemologica. Nella decostruzione, Lévi-Strauss dà o trova le regole: generalizzazione, buona distanza tra analisi e sintesi, autoanalisi e apprensione intuitiva, livello di profondità dell’omologia, ecc. Fino alle scoperte di sponda- quelle di Bergson il quale trova la soluzione grazie ai propri pregiudizi filosofici, retrocedendo davanti alle proprie obbiezioni. (Per LS nel trattamento delle durata il filosofo si comporta come un indiano Dakota!).

 

2.

LS non si è auto-definito semiologo, ma lo è per la sua insistenza sul senso “che non è da nessuna parte se non è dappertutto” e l’integrazione tra forme e contenuto che “riflette la integrazione più essenziale tra metodo e realtà”.

Oltre ai concetti linguistici della linguistica strutturalista (segno/sistema di segni, analogia/omologia, metafora/metonimia, marcato/non marcato, diacronia/sincronia, regolare/irregolare, trasformazione/variazione, ecc.), Lévi-Strauss elabora alcuni concetti originali come quello di bricolage - il totemismo è caleidoscopio - e anticipa alcune definizioni come quella di semisimbolismo e di percorso figurativo che sono d’uso corrente in semiotica.

Nonostante le riserve (v. ad es. la “partecipazione”), Lévi-Strauss ci segue ancora come guida nel percorso di una semiotica comparata delle culture, diventato oggi più arduo. Tra naturalismo organicista e arbitrario relativista prosegue, infatti, il progetto saussuriano di una scienza umana intermedia tra discipline storiche e scienze naturali. Un’isola tra Scilla e Cariddi?